«Quando abbiamo scoperto questa zozzeria, nel 2013, insieme abbiamo cominciato a discuterne e mobilitarci; a fare incontri piccoli e grandi. Penso di aver girato più per aziende, fabbriche e piazze che non per i luoghi delle conferenze eleganti. Perchè noi facciamo proprio questo: portiamo i temi complessi a casa nostra e ce li ragioniamo insieme». Sviscerandoli. Studiandoli come si fa con le analisi cliniche in laboratorio.
La ‘zozzeria’ è il Trattato Transatlantico sul commercio e gli investimenti, negoziato segretamente da Commissione Europea e Congresso americano. E l’attivista è Monica Di Sisto, anima e ‘cervellone’ della campagna STOP-TTIP Italia.
Mentre il corteo confluiva lentamente a San Giovanni, ieri, dopo aver sfilato per Roma, alla prima manifestazione nazionale contro il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), Monica spiegava l’obiettivo (e la fatica) di una battaglia certosina.
Che significa fare la guerra a un dossier segreto? Essenzialmente studiare. Poi ‘disturbare’.
«Quando ci siamo incontrati con il capo- negoziatore al ministero dello sviluppo economico, lui ci ha detto: ‘fidatevi di noi, tornate a casa, noi siamo i tecnici, siamo gli esperti’», ricorda Monica.
E invece no. Il team di STOP-TTIP non s’è mai fidato. E a casa c’è sempre tornato sì, ma per tuffarsi nelle carte.
E qui sta la forza di questa nuova società civile organizzata: la protesta non è ideologica. E’ mirata. Ragionata. ‘Secchiona’.
«E’ vero che siamo incazzati – ripete Monica Di Sisto – ma è anche vero che siamo sempre più esperti. Questo trattato noi lo fermiamo! Andate e disturbate Renzi!».
Primo perchè non c’è divulgazione dei documenti. Usa e Ue negoziano da tre anni per eliminare qualsiasi barriera non tariffaria (non legata ai dazi) al commercio tra queste due macro-aree del mondo.
Poi perchè il TTIP è trasversale: dentro c’è di tutto: dall’agricoltura, all’alimentazione, alla salute, alla privacy, al lavoro.
Per armonizzare le regole è necessario livellare, abbattere le differenze, rendere omogeneo ciò che non lo è. Abbassando dunque gli standard di qualità tra due aree del globo finora piuttosto agli antipodi. L’obiettivo è ‘politico’ più che commerciale (i dazi sono già molto bassi). E’ culturale, anche. Per l’Europa significa dire addio a quel che rimane di bello nel pubblico e nel welfare.
«Vogliamo che le regole si decidano insieme non in qualche salotto bruxellese transatlantico», dice Di Sisto, che è un mix perfetto di comunicazione popolare sopra le righe, ed expertise europea da far impallidire i negoziatori diplomatici.
Fuori dai salotti ma in collegamento con la diplomazia europea non c’è solo lei: ci sono Alberto Zoratti, Elena Mazzoni, Marco Bersani, Andrea Baranes e tanti altri che fanno le obiezioni tecniche. Soprattutto ci sono oltre 50 comitati locali della Campagna STOP-TTIP Italia.
Dopo aver sviscerato i documenti presentano alla gente il tema sbriciolato nelle sue tante ripercussioni pratiche.
Affinchè poi un’apetta disegnata sul cartellone di una volontaria di Greenpeace possa dire in piazza: «no ai pesticidi, sì alle api».
Il corteo da piazza della Repubblica vedeva Greenpeace in testa, Cgil (con la Susanna Camusso come ai tempi d’oro un po’ a sfilare un po’ a farsi foto) e Cobas in coda, Legambiente, i Cinque Stelle, Terra!, i gruppi di bioagricoltura, i verdi e i veneti di radio Gamma 5 (con anonymous ad animare la protesta) in mezzo.
Per la verità non era un corteo ‘rumorosissimo’. E neanche c’erano le 40mila persone sperate. Però chi era in piazza aveva le idee ben chiare anche sui dettagli:
«La prima cosa che contestiamo del negoziato è il metodo: – mi spiega senza esitazione un operatore di agricoltura biodinamica – si possono fare trattati di questo livello con una segretezza tale che neanche gli eruoparlamentari possono andare a vedersi come stanno le cose?».
«Poi non ci sta bene l’esproprio della giurisdizione pubblica nelle trattative e nei contenziosi. Le comunità e gli Stati vengono privati della possibilità di tenere sotto controllo il contenzioso».
Infatti, secondo il TTIP le aziende multinazionali possono fare causa agli Stati. Si affida a dei tribunali privati la risoluzione delle controversie. E’ la cosiddetta clausola Isds. Che la Commissione europea sta tentando senza successo di “ammorbidire” viste le proteste globali.
«I cittadini o le piccole associazioni non possono doversi pagare gli avvocati per fare la guerra delle multinazionali! E’ già successo con gli Ogm: ci stiamo ficcando in un’altra situazione del genere!», mi dice un attivista.
A chiunque si chieda, oggi in strada, arrivano risposte nette, chiare. Approfondite. La Roma dei romani della porta accanto invece è lenta, insonnolita come al solito alle tre del pomeriggio di un weekend qualsiasi.
E se ne accorgono i veneti, con lo striscione più brillante e il capopopolo più geniale di tutti: un arlecchino versione anonymus, che è anche la voce di Radio Gamma 5, radio libera di Campodarsego, Padova. Lo slogan dice ‘Padroni del mondo, gavì’ tocà il fondo’.
«Io protesto perchè voglio lasciare un mondo migliore ai miei nipoti», dice una signora del gruppo veneto.
A metà del percorso sulla facciata di un palazzo compare lo striscione gigante di Greenpeace con Obama: “Yes we can, Stop TTIP!”. Lo stesso che la onlus ambientalista aveva srotolato anche sulla terrazza del Pincio.
A disturbare la gente non è solo il rischio di introdurre in Europa carne agli ormoni e Ogm: è anche quello di non avere più la libertà d’esprimersi.
Il Trattato punta a carpire le informazioni, i dati, dei cittadini, privandoli di privacy e libertà.
«Dopo le rivelazioni di Snowden sappiamo che un qualsiasi nostro dato in un server di un’azienda statunitense può finire in mano all’Fbi senza che ci sia bisogno di un provvedimento della magistratura – spiega Marco Bersani di Attac Italia – Nel TTIP gli Usa chiedono che le loro aziende abbiano accesso libero a tutti i data base europei. Il che significa che possono pescare le informazioni su di noi e passarle a chi vogliono».
Si tratta di una «negazione della democrazia».
Bersani mette in guardia su una cosa: «all’interno del TTIP c’è la riproposizione dell’Acta, il progetto di trattato che è stato bocciato nel 2012 dal Parlamento europeo e che ricorda molto il Dmsa, in vigore negli Usa. Il quale permette a qualsiasi azienda che detiene il diritto d’autore di mettere offline la pagina di un sito web semplicemente per zittirlo».
Per Roberto Scacchi, presidente di Legambiente Lazio è a rischio il territorio: «I grandi squali divorano tutto quello che c’è nei territori: sul piano energetico, alimentare e delle bellezze dei territori, delle culture e delle peculiarità».
La Chiesa cattolica italiana sembra piuttosto assente o molto frammentata oggi: ma in un angolino, a fine corteo, incontriamo un missionario comboniano mitico: Alex Zanotelli. Sempre in prima linea contro il TTIP. Le sue obiezioni sono tante e tutte motivatissime.
Alex spiega che «Il Trattato indebolisce il principio di precauzione vigente in Europa in relazione ai nuovi prodotti: elimina le sanzioni in caso di abusi relativi ai diritti sociali e ambientali, mira a una progressiva privatizzazione di tutti i servizi pubblici». Lui tiene in particolare all’acqua bene pubblico.
Il prossimo appuntamento grosso contro il TTIP è il 14 luglio: quando i due, Congresso americano e Commissione europea si incontreranno ancora per prendere decisioni grosse.
E’ per questo, avverte Monica Di Sisto, che dobbiamo sollevarci prima, disturbare Renzi, far «approvare sempre più mozioni contro il TTIP dai nostri enti locali, ed organizzare eventi in tutta Italia, in vista di Luglio.»
La palla ora passa alla gente comune: ai singoli cittadini, al romano della porta accanto.