Il cinema rinasce in Libano e porta con sé nuova vitalità per il Paese dei cedri.

Due sale cinematografiche (una ristrutturata, l’altra creata ex novo) aprono i battenti ad agosto a Nabatieh, cittadina fantasma del Libano meridionale, dove la vita culturale e sociale si è fermata quasi 20 anni fa.

In seguito alla guerra civile (1975-90) e all’occupazione israeliana del Sud del Paese, con le bombe che cadevano a grappolo e il campo profughi che si riempiva di sfollati, i libanesi persero del tutto la voglia e la possibilità d’andare al cinema.

Oggi, grazie al progetto di Kassem Istanbouli, manager teatrale ed attore, sostenuto da una squadra di volontari e da alcuni finanziatori, i film di Hollywood e le vecchie pellicole arabe tornano in sala.

Nel 1990 Nabatieh, che allora era un po’ la capitale culturale libanese, ha perso il suo Stars Cinema, chiuso perché non più frequentato. Negli anni Settanta con l’escalation del conflitto israelo-libanese e la costruzione del campo profughi palestinese a Nabatieh, il Rivoli e il Capitol si erano già fermati del tutto.

«La gente qui a Nabatieh ha bisogno di nuovi spazi culturali – ha spiegato Istanbouli ad Al Jazeera – Io sto cercando di rivitalizzare il cinema e le arti in genere. Per renderli nuovamente importanti per la vita quotidiana del Paese.

La gente dice: “Voglio andare in questo o quel ristorante”, io vorrei invece che dicessero: “Voglio andare in questo o in quel cinema”».

In effetti Kassem, attore per passione, classe 1986, di origini palestinesi (noto da noi per il film del 2012 ‘E ora dove andiamo?’) ha centrato l’obiettivo: l’arte come forma di liberazione dalla radice della guerra e dell’incomprensione.

Qualche anno fa anche a Jenin, la cittadina del nord della Cisgiordania colpita più duramente dalla guerra con Israele e dove ancora oggi il campo profughi è uno dei peggiori del Paese, qualcuno ebbe l’idea di portare il cinema. E fu una rinascita.

In quel caso era stato un progetto guidato dal regista tedesco Markus Vetter che aveva riportato a Jenin una sala cinematografica chiusa dal 1987, dopo lo scoppio della Prima Intifada. A Jenin anche il teatro aveva riacceso speranza e movimento tra i giovani del Paese: il Freedom Theatre di Arna Mer Khamis, attivista ebrea che lo creò proprio durante la prima Intifada per avviare corsi di recitazione e di drama terapy per i bambini del campo. (vedi mio reportage sul Freedom Theatre del 2010 scritto per Nena-News). Purtroppo quel teatro è stato anche lo scenario della morte dell’attore Juliano Mer Khamis, figlio di Arna, ucciso a Jenin nel 2011.

Questi due esempi (Libano e Palestina) sono molto vicini tra loro e dimostrano che la recitazione, il cinema e in generale le arti figurative rappresentano un potente antidoto alla morte dell’anima. 

Ci fu un tempo in cui i libanesi usavano andare al cinema anche tutti i giorni e le sale prosperavano ed erano aperte dalle 9 di mattina alle 11 di sera. Torneranno ancora quei tempi, basta crederlo.

Secondo l’ambizioso progetto partito quest’estate, lo Stars Cinema sarà affiancato da una sala tutta nuova: l’Empire. Che proietterà pellicole di film più commerciali.