L’Irlanda è uscita dalle urne venerdì scorso con una solida certezza: i cinque anni di austerity sono stati un fallimento politico e sociale. Forse un successo macroeconomico sì, (per i tecnocrati di Bruxelles), ma certo non per il popolo. Gli irlandesi hanno detto no all’austerità, ai tagli alla spesa pubblica e alla sanità, ma soprattutto hanno gridato ancora una volta un no grosso e definitivo alla privatizzazione dell’acqua e all’introduzione delle tariffe che fino al 2014 non avevano dovuto pagare direttamente.

L’Irlanda era l’unico paese OCSE  a non avere imposte dirette (e quindi bollette) sul consumo di acqua: i costi idrici rientravano nelle imposte indirette.

Poi è arrivato il bailout. Il salvataggio delle banche al collasso. Il governo ha negoziato con la Troika e ha dovuto cedere sull’acqua. E’ nata la Irish Water, una nuova società di servizi idrici.

E’ stata per gli irlandesi una sorta di miccia esplosiva che li ha risvegliati dallo shock del 2008, quando è iniziato il trattamento a base di medicine di austerità imposto da Commissione europea, Fondo Monetario e Bce.

Fino ad un momento prima della riforma dell’acqua, avevano tutto sommato inghiottito la pillola senza grosse proteste. Forse davvero scioccati.

Tant’è che – scrive  Rory Hearne del Dipartimento di Geografia della Maynooth University, autore di un report molto interessante – <<Una domanda ricorrente dei media mainstream e degli osservatori internazionali durante quegli anni di austerity e bailout, dal 2008 fino all’ottobre 2014 era: ‘perché gli irlandesi non protestano?>>.

Perché non s’arrabbiano? Qualcuno li aveva definiti “straordinariamente moderati e passivi”.

Poi era arrivata la ‘mazzata’ dell’acqua. E il popolo era letteralmente esploso. A settembre del 2014 nasceva Right2Water, una campagna popolare composta da sindacati e movimenti di sinistra.

Da quel settembre in poi è stata una continua excalation di proteste organizzate, sit-in, manifestazioni oceaniche (100mila persone in piazza a Dublino l’11 ottobre 2014), arresti in piazza e nuovi movimenti per l’acqua, con la coalizione AAA – Antia-Austerity Alliance, montati come una marea. Rory Hearne (il suo report si intitola The Irish water war, austerity and the ‘Risen people’) ricorda che il 21 ottobre 2014 un milione di persone (ossia i 2/3 dei proprietari di casa) non si era registrato all’Irish Water e la deadline dei pagamenti era slittata di un mese.

A Dublino e Cork ma anche nelle cittadine più piccole come Carrick On Suir e Dundalk, le proteste erano cresciute fin dall’inizio dell’anno per bloccare l’installazione dei water meters, i contatori dell’acqua.

 La Community platform – una rete di 30 organizzazioni contro la povertà –  ha pubblicato un report con la raccolta di decine di testimonianze di nuovi poveri.

E così il 26 febbraio scorso la coalizione al governo (Fine Gael e Labour) è stata punita sonoramente (sebbene i risultati non siano ancora definitivi).

Eppure i dati macro incoraggiano la ricetta dell’austerità, tant’e vero che l’Irlanda è portata ad esempio dai tecnocrati comunitari: l’obiettivo del debito sotto la soglia del 100% del Pil è raggiunto e il tasso di disoccupazione è sceso al 9,7% ad aprile 2015.

Lo scrive il Guardian. Ma il Guardian del 28 febbraio scrive anche altro. Che <<mentre i contestatori contro le nuove severe tariffe dell’acqua stanno in carcere, i banchieri che hanno portato l’Irlanda al tracollo sono a piede libero>>.

Scrive che per cinque anni <<il conto della crisi è stato pagato dai cittadini che non avevano niente a che fare con le cause della crisi, e ora la gente semplicemente freme di rabbia>>, che in inglese rende bene in  una sola parola seethe.

Il bailout è costato alla gente 64miliardi di euro, ossia poco meno di 1/3 del Pil irlandese. L’impatto è stato pesante: il tasso di privazione è salito dall’11% nel 2007 al 25% del 2011 e nel 2014 ha raggiunto il 31%, quasi 1,4 milioni di persone.

Il dubbio è se qualcuno riuscirà mai a riportare il Paese al livello di servizi sociali e spesa pubblica precedente all’austerity. Il dubbio è se queste politiche siano irreversibili o no. E la risposta è che oltrepassata una soglia sarà ben difficile fare dei passi indietro verso i vecchi livelli di benessere sociale. Non solo in Irlanda.