L’Indonesia ha affrontato lo scorso 17 aprile un’election day da guinnes dei primati, il più corposo di sempre: presidenziali, politiche e regionali insieme. L’evento ha stroncato la resistenza degli addetti ai seggi, provocando la morte di oltre 300 persone. La stampa europea ne ha parlato pochissimo ma è stato un dramma nazionale.

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Il 17 aprile del 2019 alle 7.00 del mattino in punto un uomo di 45 anni, Zulkifli Salamuddin, con una vita tutto sommato tranquilla, fa il suo ingresso ai seggi di una piccola cittadina indonesiana.

Per la prima volta nella sua esistenza Zulkifli si sperimenta come scrutatore per il voto in Indonesia.

L’uomo è nervoso ma felice: è uno delle centinaia di migliaia di “volontari” ingaggiati per le presidenziali, a fronte di un compenso di 35 dollari al giorno. La sua vicenda ha un epilogo drammatico: l’uomo morirà il giorno dopo l’election day.

Ma la sua sorte è identica a quella di altri 300 scrutatori indonesiani misteriosamente deceduti il giorno dopo il voto. Morti letteralmente di fatica per lo sforzo fisco e lo stress accumulato.

Il voto ha accorpato le elezioni presidenziali, parlamentari e ammnistrative e ha coinvolto 190 milioni di persone, 40 milioni delle quali di età compresa tra i 20 e i 30 anni.

I giornali indonesiani come il New Naratif, magazine on line del Sud est asiatico (che titola “Death and election day”), ne hanno parlato per mesi e ancora oggi i media si chiedono come sia stato possibile arrivare a morire per le conseguenze della fatica fisica e psichica.

Dallo Straits Times di Singapore al Jakarta Post, dal Jakarta Globe al Tempo, tutti i principali giornali indonesiani e i loro cronisti sono rimasti scioccati dalla improvvisa e prematura morte di centinaia di persone nel fiore degli anni.

In effetti i numeri erano da capogiro: l’election day è stato il più consistente mai visto in tutta l’Asia e in tutto l’Occidente. Oltre 190 milioni di aventi diritto al voto sono stati chiamati ad eleggere il presidente e rinnovare il Parlamento e le rappresentanze locali: il più alto numero di votanti al mondo concentrato tutto in un singolo giorno.

I seggi elettorali erano 800mila in tutto il Paese, 245mila i candidati che si contendevano 20mila posti fra distretti e province di una nazione arcipelago.

La stampa italiana si è occupata poco di questa copertura elettorale e solo marginalmente dell’incredibile ecatombe: i 300 scrutatori morti di stanchezza non hanno quasi fatto notizia in Europa.

La giovane moglie di Zulkifli Salamuddin (il New Naratif ne ha scritto in modo commovente), ha raccontato ai cronisti dell’enorme sforzo compiuto dal marito che non aveva potuto dormire per 24 ore di seguito, impegnato nello scrutinio dei voti, senza mai pause, soggetto anche ad una responsabilità disarmante.

«Mi aveva raccontato – dice lei – che al momento della conta, dopo essere stato sveglio tutta la notte, se sbagliava a pronunciare un nome veniva linciato dalla gente che controllava la correttezza dello scrutinio per conto dei rispettivi candidati».

Il ministero della Salute ha cercato quasi subito di minimizzare la vicenda, dicendo che oltre 130 persone decedute nelle quattro province di Jakarta, West Java, Riau Islands and Southeast Sulawesi, erano o in là con gli anni o affette da malattie cardiovascolari pregresse.

Sta di fatto che, come scrive lo Straits Times, al momento di accedere ai seggi erano tutte perfettamente sane e in grado di lavorare.

Il team elettorale di Prabowo Subianto e Sandiaga Uno, che sfidavano il presidente uscente, Joko Widodo, ha addirittura insinuato che queste morti potessero essere collegate allo sforzo di commettere infrazioni ed illeciti elettorali per svantaggiare alcuni dei candidati.

Ma è molto più probabile che i decessi siano correlati soltanto ad una immane stanchezza. L’imprevisto della morte, in un Paese che conta 264 milioni di persone e si candida ad essere una delle più grandi economie digitali asiatiche e del mondo, è stato un fulmine a ciel sereno.

L’Asia Nikkei Review aveva scritto che «la spinta del presidente Joko Widodo a rendere l’Indonesia la più grande economia digitale della regione ha contribuito ad uno slancio: la sua amministrazione sta sostenendo diverse iniziative per promuovere mille startup entro il 2020 con una valutazione complessiva di 10 miliardi di dollari e svolge un ruolo chiave nel programma Nexticorn , che riunisce promettenti startup locali con investitori internazionali per aiutare con finanziamenti di ultima generazione».

Possibile che tutto questo sforzo di modernizzazione non preveda anche un sistema di voto più evoluto e capillare, che possa raggiungere le zone più remote e non sottoporre gli scrutinatori ad una fatica insopportabile? Il voto elettronico è stato evocato diverse volte in questi mesi.

Sta di fatto che da questo drammatico election day è emerso ancora una volta  vincitore il presidente uscente Widodo, 57 anni, e così l’Indonesia tira dritto sulla strada già tracciata. Il sito di BBC News delinea un bel profilo del presidente che piace anche l’Occidente perché espressione di un islam moderato.

Il motivo per cui invece negli ultimi anni ci sono state tensioni tra Unione europea e Indonesia è piuttosto commerciale: come ricorda bene l’Asia Times cinese, il presidente Widodo e il primo ministro della Malaysia Mahathir Mohamed reclamano il diritto a produrre e vendere olio di palma.

Hanno spedito una lettera congiunta alla Commissione e al Parlamento europeo il 5 aprile scorso, protestando per il boicottaggio dell’olio di palma (considerato dannoso alla salute dei consumatori).

«Se questa regolamentazione dovesse entrare in vigore- scrivono – i nostri governi potrebbero rivedere i propri rapporti generali con l’Ue, oltre che con i singoli Stati che ne fanno parte».

Ma Widodo è un presidente molto decisionista e intransigente anche in patria. In un Paese dove ancora vige la pena di morte, si è trovato ad affrontare una forte pressione internazionale nel 2015, quando si rifiutò di concedere l’amnistia a due trafficanti di droga australiani, assumendo una linea durissima. Tolleranza zero verso la tossicodipendenza: i due uomini sono stati sottoposti alla pena capitale.

Più di recente è invece piaciuta la mossa di Widodo di spostare la capitale del Paese da Jacarta ad altra città da definire: il presidente ha promesso di ribilanciare la distribuzione geografica della crescita economica, decentrando la capitale e mettendo le periferie al centro.

«La ragione di questa “decisione irrinunciabile” sta nel permettere anche ad altre zone la crescita economica – scrive anche Asia News – finora concentrata soprattutto nell’isola di Java.

Qui vive quasi il 60% dei 260 milioni di indonesiani.

Jakarta ospita oltre 10 milioni di persone, circa un terzo dei residenti nelle aree circostanti.

La capitale è anche soggetta ad inondazioni e sta affondando, a causa dell’eccessivo sfruttamento (spesso abusivo) delle falde acquifere».

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