L’unica certezza (avvalorata da foto e video, testimonianze sul campo, referti medici) è che le armi letali, messe al bando dalle convenzioni internazionali, sono di continuo abusate in Siria.

Eppure c’è chi, in virtù di una teoria complottista al contrario, vorrebbe confutarlo.

Qui non si tratta solo della Ghouta orientale degli ultimi dieci giorni. E’ un sistema reiterato fino all’inverosimile,ripetuto fino al delirio, fino alla negazione di ogni Diritto.

In Siria, con macabra creatività, sono state introdotte armi convenzionali e non convenzionali di ogni genere e natura: si va dall’assedio al cloro; dalle bombe ai razzi, dagli attacchi su ospedali e scuole, all’omissione di soccorso.

Quali prove ci servono ancora per convincerci del fatto che il popolo siriano, guidato da un dittatore senza scrupoli, che ha fatto carne da macello della sua gente, muore di fame, di bombe, di sarin?

Il punto cruciale semmai è un altro: chi dovrebbe difenderlo questo popolo? Chi è autorizzato a dire basta quando un’intera popolazione portata al martirio si dimena tra la vita e la morte?

Da giorni ci scanniamo tra di noi (al sicuro delle nostre case) nell’impossibile querelle tra chi sostiene che sia stato usato il cloro a Douma, e chi invece lo nega.

Non ci basta sapere che comunque, le persone agonizzano negli scantinati degli edifici e rantolano per le strade, colpite a morte da anni di assedio, da mesi di bombe, da giorni di gas?

Tutto questo non è abbastanza: noi vogliamo di più. Noi vogliamo la prova provata del sarin. 

Detto per inciso: di dubbi sull’uso del cloro oramai dovrebbero essercene pochissimi; Ma seppure ve ne fossero, basterebbero le prove di decine e decine di massacri simili, perpetrati dal regime dal 2011 ad oggi, per convincerci ad uscire allo scoperto.

Cos’altro deve succedere in Siria affinchè ci si decida a  togliere ogni sostegno ad un dittatore criminale ancora in sella e ai suoi alleati russi arrivati dal cielo?

Nel non agire, la comunità internazionale fantasma lascia spazio agli sceriffi senza stellette: agli Stati Uniti e a Israele che da aggressori si sono trasformati adesso in paladini delle vittime e si dicono “sdegnati” e pronti ad attaccare l’animal Assad per salvare i civili.

Persino la Turchia di Erdogan si dissocia ipocritamente dal regime e dice che «c’è il sospetto» che proprio il governo di Assad abbia usato il cloro.

Le istituzioni internazionali infatti da tempo hanno dato forfait. Ecco il nodo. Dal sonno si ridesta ogni tanto l’Unione europea, chiamata a reagire, che con un comunicato accusa Assad: «le prove convergono verso un altro attacco chimico da parte del regime».

E poi ancora: «c’è grande preoccupazione per il fatto che le armi chimiche continuino ad essere usate, specialmente sui civili. L’Unione europea condanna nella maniera più assoluta l’uso di armi chimiche e chiede una reazione immediata da parte della comunità internazionale».

Il delirio bellico, portato all’estremo, sta mettendo il dito nella piaga della nostra impotenza come comunità internazionale. Sia essa il Consiglio europeo, la plenaria del Parlamento di Strasburgo, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite. Le agenzie dell’Onu, le agenzie umanitarie. La Croce Rossa.

Non esistiamo più: divisi in fazioni, parteggiamo singolarmente ora per l’uno ora per l’altro,  basandoci sulle teorie complottiste o sulle griglie ideologiche, indecisi sul da farsi e incapaci di condannare unanimamente l’orrore e il crimine contro l’umanità.

L’Ue fa appello anche al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite affinchè faccia «i controlli incrociati» per identificare i responsabili degli attacchi chimici e usi la sua influenza sulla Russia e sugli alleati del regime siriano per prevenire altri attacchi in futuro.

L’unica voce forte e chiara rimasta è quella del Papa che ancora domenica scorsa all’Angelus diceva:

«Non c’è una guerra buona e una guerra cattiva e niente può giustificare l’uso di tali strumenti di sterminio contro persone e popolazioni inermi. Preghiamo perché i responsabili politici e militari scelgano un’altra via: quella del negoziato, la sola che può portare una pace che non sia quella della morte e della distruzione».

Ma le violazioni del diritto umanitario sono talmente eclatanti e macroscopiche, e così reiterate, che parlare ancora dell’esistenza di un diritto umanitario e di una comunità internazionale che può farlo rispettare, suona velleitario. In Siria, assieme al popolo siriano, è morto pure il Diritto e bisognerà tenerne conto. Bisognerà reinventare un sistema di protezione che protegga davvero. 

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