«Ora la questione fondamentale per l’islam è quella della riforma della legge islamica (sharia), in modo che si adegui alla visione moderna dei diritti umani formulata nella Dichiarazione Universale e proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948».

Questa è secondo padre Giuseppe Scattolin, la priorità da sostenere per favorire lo sviluppo di un islam moderato che possa dialogare pacatamente con le altre religioni. E soprattutto promuovere una rinascita culturale al suo interno.

Questo missionario comboniano, teologo ed intellettuale, che per la sua conoscenza della cultura e della lingua araba è il secondo italiano al mondo entrato a far parte dell’Accademia della Lingua araba in Egitto, crede nella possibilità di una interlocuzione forte e proficua con i musulmani.

«Tutto il mondo islamico è in un travaglio di riforma – dice – se si vuole creare un’atmosfera di democrazia bisogna fare anzitutto delle riforme».

Chi possa e debba farle, questa è un’altra questione: l’Occidente può essere d’aiuto nel percorso, ma non può in nessun modo sostituirsi ai protagonisti di questo cammino (i musulmani stessi), imponendo modelli di democrazia che sarebbero esogeni e autoreferenziali. Tanto più che, come fa notare un grande studioso di pensiero politico islamico, Massimo Campanini, anche l’Occidente, esattamente come il mondo islamico, vive una crisi epocale. Sono due civiltà in crisi di identità totale.

Non solo fondamentalismo

Parlando di islam, padre Scattolin non può non far notare che esso (non dimentichiamolo «è anche una società, una civiltà e una politica») non può essere ridotto a quell’idea di fondamentalismo violento, cui il mondo ci ha abituato in questi anni. E non solo perché si farebbe torto ad una civiltà intera, dice, ma perché si trascurerebbe la sua parte spirituale. Esiste una versione mistica dell’islam, ad esempio, quella sufi.

«L’esperienza sufi fa parte sempre della legge divina, la sharia, che in quanto legge rivelata da Dio non può e non deve essere manipolabile dagli uomini – scrive padre Scattolin in un suo testo – Questo è il punto di partenza per ogni serio cammino sufi: nessuno può pretendere di essere sufi se non osserva la legge rivelata».

Il sufi, quindi, spiega il missionario, «deve passare dall’esteriorità delle forme all’esperienza personale interiore e viva, cioè alla realtà divina stessa. Il sufismo è mistico, fa parte della visione che mette al centro il rapporto tra Dio, l’uomo e l’universo. E’ la dimensione spirituale dell’islam: una delle grandi correnti fondamentali». La legge per i sufi è solo il quadro esteriore dell’esperienza mistica; il fedele è chiamato a realizzarne le realtà interiori, conformandosi alle “qualità divine”. Ecco perché i sufi hanno un maestro spirituale e compiono un cammino mistico. Fanno cioè esperienza di Dio.

La Fratellanza Musulmana

Altra questione è l’islam politico, declinato nelle sue varie forme, a partire dalla definizione della Fratellanza Musulmana (che nasce in Egitto negli anni Trenta).

Il fondamentalismo ha come sua prima esigenza, anche storica, quella di «tornare ai fondamenti dell’islam», ci spiega Massimo Campanini, che è docente di Storia dei Paesi islamici all’Università di Trento.

A partire da questo presupposto, è chiaro che «la rivendicazione dell’islam che vuole governare la politica è moderna. Oggi è lo Stato che strumentalizza la religione, non il contrario. I Fratelli Musulmani in origine miravano ad una conquista del potere dal basso, tramite la trasformazione della società. E in quest’ottica deve essere chiarito che l’islam politico. Così come è stato concepito in origine, non è necessariamente violento».

L’islam politico, spiega ancora Campanini, «è una fenomenologia di conquista del potere ma non attraverso la violenza». Evitare dunque di identificare islam politico e terrorismo è uno dei presupposti, secondo Campanini ed altri studiosi di mondo islamico, per promuovere un dialogo sano ed uscire così dalla logica islamofobica.

«Mettere assieme l’islam moderato – quello dei Fratelli Musulmani oggi, declinati nelle loro varie forme partitiche – ed islam estremista (ad esempio salafita, ndr) è un errore», dice anche Giuseppe Acconcia, giornalista esperto di Egitto e studioso di mondo islamico.

Padre Scattolin spiega che «i Fratelli Musulmani sono nati per esigenza di riforma all’interno dell’islam, con l’obiettivo di tornare alla purezza: la famosa applicazione della sharia. Dicono: “L’islam è decaduto perché non ha conservato la legge”.

Propugnano dunque un ritorno all’islam delle origini e un rifiuto di tutto ciò che è ad esso esterno». L’islam è per sua natura anche politico, spiega il missionario comboniano, tanto che «tale convinzione è espressa nel detto ripetuto infinite volte dai musulmani: l’islam è una religione totale, esso è “religione e Stato”. Ed è strano notare che molta informazione ignori tale aspetto politico dell’islam, storicamente inequivocabile».

Il caso egiziano

Per quanto riguarda un caso specifico, quello egiziano, che padre Scattolin conosce bene perché è il suo Paese d’adozione missionaria, il comboniano ha una visione di quanto accaduto e continua ad accadere nel Paese, che in parte diverge da quella di altri studiosi ed intellettuali.

Secondo Scattolin «l’Egitto rimane attualmente l’unico baluardo contro il fondamentalismo islamico>> in Medio Oriente e Nord Africa, grazie alla presa del potere da parte dell’esercito. Il governo del generale Al Sisi, dopo la sconfitta dei Fratelli Musulmani, <<sta conducendo il Paese verso un futuro più democratico».

Ma su questo punto le opinioni (e le esperienze sul campo) divergono in modo abbastanza sostanziale. Quello che il comboniano vede come atto rivoluzionario di popolo, ossia la presa del potere da parte dell’esercito, altri analisti, primo fra tutti Giuseppe Acconcia che ha fornito sempre cronache dirette dall’Egitto molto puntuali, lo considera «un colpo di Stato militare».

«I cristiani copti – dice Acconcia – hanno fin dal primo momento sostenuto questo colpo di Stato e dunque sono anche entrati nel gruppo che ha poi messo mano alla Costituzione».