Il Papa lo ha detto in modo chiaro domenica scorsa all’Angelus: la vera vittima dei conflitti, a partire da quello in corso in Ucrainasono i civili.

«Penso agli anziani, a quanti in queste ore cercano rifugio, alle mamme in fuga con i loro bambini… Sono fratelli e sorelle per i quali è urgente aprire corridoi umanitari e che vanno accolti».

Proprio pensando a loro, a chi si sta rifugiando nei sotterranei e nei bunker delle città ucraine, a chi cerca riparo verso Leopoli, a chi rischia la vita, il Pontefice ha immediatamente fatto ricorso al canale diplomatico.

Oltre alla potenza della preghiera (resta aperto l’appello per il 2 marzo prossimo), il Papa ha messo in campo tutta la sua influenza politica: si è recato nella sede dell’Ambasciata della Federazione russa presso la Santa Sede il 25 febbraio scorso, dove è rimasto a colloquio per oltre mezz’ora.

A spingerlo, la “preoccupazione” per l’esito del conflitto scatenato dalla Russia, e per un eventuale escalation della violenza.

Il giorno precedente il Segretario di Stato Pietro Parolin aveva detto: «c’è ancora tempo per la buona volontà, c’è ancora spazio per il negoziato».

Per il cardinale la strada del negoziato è aperta e «c’è posto per l’esercizio di una saggezza che impedisca il prevalere degli interessi di parte, tuteli le legittime aspirazioni di ognuno e risparmi il mondo dalla follia e dagli orrori della guerra». (clicca qui)

Successivamente, all’Angelus in piazza San Pietro, il Santo Padre domenica ha citato la Costituzione:

«chi ama la pace ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie». E infine: «Ripeto: tacciano le armi!».

Al gesto diplomatico di recarsi in auto, in ambasciata, è stato dato molto rilievo dalla stampa estera, che ha fatto notare «la mossa senza precedenti» del Pontefice, giunto lui stesso in ambasciata, come scrive l’Associated Press, senza attendere di essere raggiunto.

«Normalmente i papi ricevono gli ambasciatori e i capi di Stato in Vaticano – scrive l’Ap – il protocollo diplomatico avrebbe previsto che il Segretario di Stato chiamasse a sè l’ambasciatore».

E invece Francesco è andato, ha compiuto un gesto più che simbolico. Anche ABC news parla di “surprise visit“, visita a sorpresa in ambasciata. (Qui il pezzo).

«La visita a sorpresa e senza precedenti del Papa in ambasciata ha colto di sorpresa gli osservatori, uscendo fuori dal normale protocollo».

Si è trattato di qualcosa che «si allontana dal protocollo», ripete anche la Reuters, e che lancia un messaggio inequivocabile: l’ambasciatore russo presso la Santa Sede lo ha confermato.

«Il Papa si è appellato alla protezione dei bambini, degli ammalati e delle persone fragili che soffrono», scrive Reuters.

E’ sempre a loro che pensa: a quella popolazione inerme che non ha alcuna responsabilità e resta la vera vittima del gioco politico tra potenti.

La memoria corre al 25 novembre del 2013, quando Papa Francesco (stavolta in Vaticano) incontrò il presidente russo Vladimir Putin per parlare dei molti argomenti allora sul piatto, in politica interna ed estera.

Soprattutto la Siria, ma non solo. Il Papa sapeva che gli sforzi verso la pace in Medio Oriente dipendevano moltissimo allora dalla posizione che avrebbe assunto la Federazione russa: Putin giocava un ruolo centrale nel negoziato siriano.

I due leader toccarono il capitolo dei rapporti con la Chiesa ortodossa, che è tra i dossier più delicati. E resta ancora aperto.

Si parlò allora anche «della situazione critica dei cristiani in alcune regioni del mondo, nonché della difesa e promozione dei valori riguardanti la dignità della persona, e la tutela della vita umana e della famiglia», come spiegò allora alla stampa padre Lombardi, al termine dei colloqui.

Al Pontefice, allora come oggi, interessa il rispetto della dignità umana, sotto ogni profilo e ad ogni latitudine. Con ogni mezzo la si possa tutelare.

Il fulcro rimane sostanzialmente questo: le questioni interne influenzano non poco le relazioni internazionali col resto del mondo, ed ogni violazione dei diritti che avviene all’interno di un Paese può essere d’ostacolo e d’oltraggio al disegno di una pace universale.